La voce di Giuni Russo: quando il canto sfiora il Cielo
Martedì 13 aprile 2021 – Articolo di Andrea Martorana
Nasce a Palermo il 7 Settembre 1951 Giuni Russo – nome d’arte di Giuseppa Romeo – cantautrice eclettica del panorama musicale italiano e pioniera della contaminazione musicale tra generi diversi, è stata una delle voci più note nel nostro paese grazie a brani come Un’estate al mare e Alghero e ad una timbrica ed estensione vocale unici nel loro genere: capacità di passare agilmente da un registro all’altro, nonché padronanza di quasi cinque ottave, facendo di lei una delle poche cantanti al mondo ad essere in grado di utilizzare il cosiddetto registro di fischio.
Le radici di Giuni, nona di dieci figli, affondano nelle esperienze di vita del padre pescatore e della mamma, amante della musica e del canto popolare, tanto da trasmetterle la passione per quest’arte. Sui dettagli della sua vita e del suo debutto nel mondo della discografia si rimanda alla biografia Giuni Russo. Da Un’estate al mare al Carmelo di B. Pitzorno (Bompiani, 2009). Si ricorda solamente il sodalizio artistico con Maria Antonietta Sisini nato a Milano nel 1969, cruciale per l’artista e destinato a durare per 36 anni.
La costante ricerca vocale della cantante siciliana – che negli anni ’80 spiccò il volo con l’album Energie, in collaborazione con Franco Battiato – unita al suo desiderio di essere libera nell’esprimere la sua arte anche al di fuori dei motivetti Pop in voga alla radio, spinsero case discografiche quali la CGD ad ostacolare il percorso artistico di Giuni, finanche a proporle direttamente di smettere di cantare.
Fiera di essere una delle poche ad essere rimasta libera di fronte all’industria del disco, si ritrova smarrita artisticamente e umanamente
ed è qui che – nel 1986 – sceglierà di compiere un pellegrinaggio in Terra Santa che costituirà una svolta nella sua vita: lo studio musicale diviene espressione intima dello spirito che cerca l’Assoluto. Poco tempo dopo Giuni ha la possibilità di vivere gli esercizi spirituali ignaziani presso le Suore del Cenacolo a Milano; qui troverà e leggerà il romanzo biografico Fuoco in Castiglia di G. Papasogli, così da appassionarsi alla figura della mistica spagnola Teresa d’Avila e successivamente a Edith Stein e Giovanni della Croce, aderendo intimamente alla spiritualità carmelitana.
Alla domanda su come avesse l’ispirazione per comporre il testo o la melodia delle sue canzoni, Giuni rispose semplicemente: «Mi canta dentro!». Nascono così lungo il decennio del ’90 veri e propri capolavori di sintesi artistica e spirituale, laddove canto e preghiera diventano una cosa sola.
Ha così inizio una nuova fase della carriera di Giuni, caratterizzata dall’analisi di testi biblici e spirituali, poi egregiamente musicati dalla stessa.
Traendo spunto dal cantico Dove mai ti celasti di Giovanni della Croce – e in collaborazione a Sisini – compone La Sua figura, un brano di un’intimità e tenerezza tale che solo la voce di Giuni poteva cantare.
Così recitano alcuni passaggi: Tu mi conosci non puoi dubitare/Fra mille affanni non sono andata via/Rimani qui al mio fianco sfiorandomi la mano/E lascio la mia vita a te/Sai che la sofferenza d’amore non si cura/Se non con la presenza della sua figura/E cerco la presenza della mia essenza nella tua figura. Una aperta dichiarazione a quel Dio che è presenza concreta nella relazione umana.
Sempre di questi anni è il componimento sui generis La sposa, ispirato all’elogio della Sapienza a sé stessa nel libro del Siracide (Sir 24, 1-21), nel quale – con sapienza mistica – viene paragonata l’anima ad una sposa in cerca del suo amore dai mille profumi orientali, egregiamente evocati dai suoni mediorientali della traccia: Sai di cinnamomo, mirra, onice, storace/E fra mille e mille ti riconoscerei/Dimmi anima mia la paura dell’amante/Dell’amante che in me cerca te/Dimmi anima mia come nascere dal niente/Se non ho che te resta con me.
Nel brano Cercati in me la cantante sceglie volutamente di inserire come sfondo sonoro un canto monastico che fa da tappeto alla sua voce, impegnata a cantare la ricerca dell’anima con chiari riferimenti a Genesi: Anima fosti dal nulla/E per amore creata/Cercami, cercami in Te/Al centro del Tuo cuore/In me cerca Te/In Te cerca me/Se non sapessi dove e se mi vorrai trovare/Dentro il tuo stesso cuore io sarò.
Giuni manifesta tutta la sua correttezza e sensibilità di fronte alle grandi opere della spiritualità cristiana. Cercò per un anno la maniera corretta di rendere musicalmente la poesia, finché l’ispirazione giunse durante un viaggio in macchina; per paura di dimenticarsela, canticchiò quella melodia durante tutto il tragitto e giunta a casa la incise subito su nastro. Tuttavia, credendo di non essere all’altezza di proporre correttamente un testo così aulico, chiese di essere ricevuta per un confronto dalle Carmelitane Scalze di Milano, in particolare da Madre Emanuela, con la quale nacque una grande amicizia. Ottenuta l’approvazione delle monache, Giuni dà così voce alla grande riformatrice dell’ordine carmelitano: Per quello che ho nell’anima/Che posso fare, o vita/Se non te stessa perdere/E andare in Lui smarrita/Vivo ma in me non vivo/Moro perché non moro.
Per Giuni è un periodo di grande riscatto
ma nel 1999 le viene diagnosticato un tumore. Si sottopone a diversi pesanti cicli di chemioterapia, ma non hanno effetto sul suo male. Decide comunque di non interrompere la sua carriera, ormai quasi una missione, e continuare a cantare. Donna che non ha mai cercato il grande successo, sceglie di partecipare a Sanremo 2003 con Morirò d’amore – liberamente ispirata a Vivere d’amore di Teresa di Liseux e ancora a Teresa d’Avila – così da portare la spiritualità carmelitana sul palco dell’Ariston
Scrive E. Buia Rutt su Osservatore romano (Giugno 2017):
Nella vita di Giuni era presente il desiderio di un Amore divino […] Nel 1999 le fu diagnosticato un tumore. Nel 2003, pure essendo reduce da un pesante ciclo di chemioterapia, salì sul palco di Sanremo per cantare la bellissima Morirò d’amore, senza nascondere i segni della malattia, e mostrando una eccezionale serenità d’animo, nonostante ogni speranza di guarigione fosse svanita. A proposito di questa struggente canzone, Giuni dichiarò: «Pensate che io la canti per un uomo, per una mamma, per un figlio; io invece la canto per l’Amore alto che è questa parola: morirò d’amore, morirò per Te … In Te».
In questo canto, a metà tra una dichiarazione d’amore e un testamento spirituale, l’utilizzo della voce accompagna le parole, come si evince alla fine del brano, quando Giuni cambia registro e si lancia in un altissimo vocalizzo lirico, quasi a testimoniare la partenza verso l’Infinito: Morirò d’amore, morirò per te/Socchiudo gli occhi e le tue mani mi accarezzano/Quelle parole urlate poi dall’eco rimandate/Che dal cielo cantano/Morirò d’amore, morirò per te!
In una delle ultime interviste, nel 2004, Giuni Russo raccontò: «Ho fatto pace col mio male. Ma nonostante la fede ho avuto paura. Ho urlato, pianto e litigato col Crocifisso. Alla fine, però, ho accettato la malattia. In ginocchio». Racconta M.A. Sisini: «Durante l’agonia, vidi lei fissare un angolo della stanza. Il suo viso si illuminò, cambiò d’aspetto. Sorrise meravigliata come se in quella stanza ci fosse una presenza celestiale. In fondo, Giuni era una persona innamorata di Cristo».
Giuni Russo si spegne nella sua casa a Milano il 14 Settembre 2004, giorno dell’Esaltazione della Santa Croce. I funerali vengono celebrati in via straordinaria al monastero delle amiche carmelitane, secondo le usanze dell’ordine religioso, e la salma viene sepolta a terra nel Cimitero di Milano tra le religiose carmelitane; la lapide riporta la dicitura ‘Giuni Russo’ quale nome da consacrata di Giuseppa Romeo. Durante la funzione Madre Emanuela spiegò il motivo di questa scelta: Giuni era una vera carmelitana, perché con il suo canto (carmen) aveva rallegrato (laetato) gli animi di tanti fratelli e sorelle.
Ascoltando queste sue canzoni e sapendo che lei credeva veramente in ciò che cantava, non è difficile immaginare Giuni che continua a lodare il Signore in Cielo
già lo intonava al termine del Carmelo di Echt, ispirandosi alla vita di Edith Stein: E per vivere in solitudine/Nella pace e nel silenzio/Nel Carmelo del Cielo.
Alla scomparsa dell’amica, Maria Antonietta Sisini ne ha raccolto l’eredità artistica, consacrando il resto della sua vita alla memoria di Giuni Russo attraverso la pubblicazione di singoli inediti e Cd postumi della cantante e anche attraverso il sito www.giunirusso.it.
A fine Agosto 2013 M.A. Sisini fa pervenire a Papa Francesco la biografia di Giuni e un Cd contenente le tracce più intrise di fede della cantante, col desiderio di presentare l’arte della collega e realizzare uno dei grandi sogni di Giuni: cantare per il Papa.
Racconta la Sisini stessa: “Mi è successa una cosa straordinaria: ho ricevuto una lettera da Papa Francesco, una lettera vera, scritta a mano, non un foglio stampato e poi firmato. Una lettera nella quale il Papa mi scrive di essersi commosso ascoltando le canzoni di Giuni Russo, la cantante con la quale ho lavorato e vissuto spalla a spalla per trentasei anni. Dopo averla letta sono rimasta seduta sul divano tutto il pomeriggio: ero incredula e invasa di pura gioia. La prima parte della lettera è personale e vorrei tenerla solo per me, divulgarla mi parrebbe brutto nei confronti del Papa. Però leggo questo passaggio nel quale parla delle canzoni di Giuni: «Sono rimasto commosso e ho pensato tanto. Dio ci cerca, Dio ci aspetta, Dio ci trova prima che noi Lo cerchiamo, prima che noi Lo aspettiamo, prima che noi Lo troviamo». Il gesto del Papa mi ha colpito per l’umiltà, la semplicità, la spontaneità, la verità e la bellezza. Questa lettera è una soddisfazione enorme per la memoria di Giuni e per me, che ho vissuto e sofferto al suo fianco: ora possiamo dire davvero che Giuni ha cantato per il Santo Padre, nel modo più bello e intimo. Lo desiderava da sempre, ora questo desiderio è diventato realtà.”
Francesco ha risposto a quel dono con una lettera scritta a mano pochi giorni più tardi.
In conclusione, si riporta un estratto di un lungo articolo di Claudio Zonta su La Civiltà Cattolica (Agosto 2013), perfetta sintesi del percorso di Giuni Russo, nonché espressione vera per tutti coloro che pregano col canto e cantano con la preghiera:
“Il suo canto ha saputo esplorare le differenti dimensioni della bellezza e della sofferenza, come se fossero compagni di pari dignità e di uguale rispetto, anzi sembra che nel dolore ella abbia trovato quella goccia di splendore a cui ha sempre anelato […] L’esistenza si abbraccia alla musica, così come il tralcio alla vite, divenendo esperienza di una vita nello spirito che viene cantata a piena voce. Con una scelta coraggiosa, Giuni comincia una conversione musicale, oltre che un approfondimento della vita nello Spirito […] Il canto comincia a sgorgare dal cuore, a librarsi sulla musica che l’accompagna, comincia a diventare preghiera, richiesta, lode, ma anche dubbio, lacrime, desiderio, insomma tutto ciò che caratterizza l’umano. È la strada di Giuni, legata alla terra, ma con un intenso sguardo al divino”.